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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 27 marzo
#1
Giambattista Bardelloni
[Immagine: 16242907351325Bardelloni,Gianbattista.jpg]
Nato a Botticino Sera (BS) il 27 marzo 1964. Passista alto 1,82 per 70 kg. Professionista dall’ottobre 1986 al 1990 senza ottenere vittorie.
Ennesimo corridore forte da dilettante e deludente fra i professionisti. È pur vero che ai tempi di Bardelloni, le differenze nei metodi di correre e nella lunghezza delle corse, fra “puri” e “prof”, erano evidenti e marcate, aspetto che la tragica UCI ha cancellato, omologando ed uniformando, di fatto, distanze e …..resto, del ciclismo minore, ma tanto è.
Sta di fatto che Giambattista sia stato forte nelle categorie giovanili, ed ancor più come dilettante all’interno del famoso ed epocale G.S. Passerini. Tangibile il crescendo di spessore nelle vittorie di questo bresciano veloce e capace di tenere benissimo in salita. Nel 1982 vinse fra le altre, il Circuito Valle del Liri e la Coppa d’Inverno. L’anno seguente conquistò il G.P. ed il G.P. San Gottardo. Nel 1984 vinse la sesta frazione del Giro della Valle d’Aosta, indi in Australia la quarta tappa del Commonwealth Bank Cycle Classic (Brisbane-Sydney) e nel biennio successivo, sempre fra le altre, s’aggiudicò il Prologo e una tappa al Giro della Valle d’Aosta, una frazione al Giro della Valsesia, indi il Giro delle Tre Provincie e la Milano Busseto. Questi successi stuzzicarono il grande Franco Cribiori che lo fece passare professionista a fine ’86, nella sua Atala Ofmega. Qui, però, Bardelloni cominciò subito a diventare amico del grigio. Un solo Giro d’Italia, nel 1988, dove si ritirò e sempre in quell’anno, un 2° posto alla Milano Vignola, battuto da Adriano Baffi, ed il 3° nella quinta tappa del Giro di Puglia.  
Nel 1989 passò alla Verynet, ma il grigio non si colorò: solo il 2° posto al G.P. Industria e Artigianato di Larciano, dietro l’australiano Salas, ed un 4° nella prima tappa del Giro di Puglia. Nel 1990 si trasferì alla semi-professionistica statunitense Campion-Nutrition, piazzandosi 2° nella Coppa San Geo fra i dilettanti. A fine anno chiuse. Certo, lui come l’osservatorio speravano di più….

Salvador Botella Rodrigo (Esp)
[Immagine: 1247474975BOTELLA%20Salvador%20-%203.jpg]
Nato a Benifayó, vicino all'Alfufera valenciana e alla città di Almusafes, il 27 marzo 1929, deceduto a Ribarroja (Comunidad Valenciana) il 18 dicembre 2006. Scalatore alto 1,74 per 62 kg. Professionista dal 1953 al 1962 con 39 vittorie. Botella è stato uno dei corridori più popolari in Spagna ed in Europa per circa un decennio. Un vincente, in considerazione delle sue doti di solo scalatore, costretto ad arrivare in solitudine, perché privo di sprint e, come tanti spagnoli fino agli anni ottanta, vulnerabile in pianura, quindi precluso ai Grandi Tour. Non così nelle brevi corse a tappa, dove Salvador si dimostrò assai competitivo. Di certo le sue trenate in salita lasciavano il segno e creavano buchi, abbastanza per “mantenere gli effetti di quegli acuti e dei vantaggi conseguenti”, al cospetto delle poco amate pianure, perlomeno per qualche giorno. Botella insomma, vinse, convinse e racimolò in carriera, lui che era nato povero e che fu aiutato dai paesani per poter competere nel ciclismo, una sorta di onesta fortuna, che gli permise di acquistare alcuni aranceti, costruirsi una casa e allestire un'officina di moto e biciclette. Come detto, per consentire al dotato Salvador di competere ai migliori livelli si mobilitarono un po’ tutti attorno alla società ciclistica di Benifayó, ed il ragazzo rispose bellamente. Ben presto cominciarono ad arrivare i trionfi da dilettante: nel 1950, fra le altre, vinse la prova dell'Ambasciata Fallera, ovvero la Valencia-Barcellona. Vinse poi la Vuelta a Valencia organizzata dal Fronte della Gioventù, che bissò nel ’51. Indi nel 1953, ancora indipendente, vinse il Giro di Catalogna, che lo aiutò ad aprire le porte della popolarità e a decidere di entrare compiutamente nel professionismo. Da quel momento in poi iniziò ad evidenziarsi e a lasciare sovente il segno, in tutte le grandi corse. E se a Vuelta, Giro e Tour ebbe rispondenze altalenanti, non così nelle manifestazioni a frazioni di una settimana, infatti vinse tappe e soventi Classifiche finali alle Vueltas a Levante, Andalucía, Cataluna, ecc, Prova suprema in questa direzione arrivò nel 1957 alla Vuelta del Sud Est, quando vinse la corsa e cinque tappe della stessa. Al Giro d’Italia del 1958 vinse la tappa di St Vincent (ne vincerà un’altra, a Pescara, nel 1960), ed indossò, primo spagnolo nella storia, la Maglia Rosa. Alla Vuelta di Spagna vinse la Classifica dei GPM nel ’54, la Classifica a Punti nel 1958 e due tappe, a Barcellona nel 1960 e a San Sebastian, una crono-squadre, nel 1961. Fu meno tangibile al Tour de France, dove non andò oltre il 2° posto nella frazione di Montlucon nel ’56 e al 3° a Nimes nel 1958.

Jean Dotto (Fra)
[Immagine: 15788137681325Dotto,Jean.jpg]
Nato a Saint-Nazaire il 27 marzo 1928, deceduto a Ollioules il 20 febbraio 2000. Scalatore. Alto 1,66m per 62kg. Professionista dal 1948 al 1963, con 43 vittorie. Italiano di nascita, naturalizzato francese il primo settembre 1937. Aldilà della nazionalità d'origine e del luogo di nascita in Bretagna, era un provenzale purosangue, come Rene Vietto, in possesso, per chi conosce bene il francese, dell'accento dei meridionali autentici. Un giovane pittoresco, viticoltore a Cabasse, di qui appunto il nomignolo di "vignaiolo di Cabasse", località del Var dove aveva stabilito la sua dimora, non lontano da Draguignan. Scoprì la bicicletta nelle strade dell'Haut-Var, dove il suo fisico da grimpeur e la conseguente traduzione sul mezzo, fece presto a farsi notare. A 20 anni gareggiava già con i prof come isolato e, trovandosi nella zona storica delle prove spesso a tempo sulle salite, fece pure presto a trovare un ingaggio. Dotto fece incetta di vittorie nelle numerose corse in salita che si tenevano fra Telone e Nizza, polverizzando i record del Mont Faron, di Mont Agel, della Turbie e, persino del Mont Ventoux. Vinse, tra le altre corse, la scalata al Mont Faron nel '52, '53 e '54, quella a La Turbie nel '50 e '51 e la gara del Puy de Dome nel '52. Divenne così l'idolo della Costa Azzurra che trovò la consacrazione a livelli nazionali nel 1952, quando trionfò nel Dauphine Liberé, andando poi a classificarsi 8° nel Tour di quell'anno. La sua già grande popolarità raggiunse l'apice nella Grande Boucle del 1954. Un'edizione che vedeva in Bobet il favorito d'obbligo, che poi vincerà nettamente, ma considerata particolare per un percorso decisamente montagnoso. Jean, 26enne, nel pieno della forza, offrì agli sportivi uno spettacolo eccezionale nella tappa pirenaica Briancon-Aix-les-Bains, che vinse a conclusione di una fuga solitaria. Per l'osservatorio internazionale quella fu la più bella tappa del Tour, che si aprì per Dotto, col viatico più inaspettato. La mattina di quella partenza, infatti, Goddet aveva presentato Jean all'accademico di Francia Pierre Benoìt, ospite d'onore della giornata, con queste parole: "Uno dei più piccoli di statura, uno dei più grandi per il valore". Il "vignaiolo di Cabasse" finì poi 4° quel Tour, il migliore nelle sue 13 partecipazioni, dal 1951 al '63. L'anno seguente affrontò per la prima volta la Vuelta di Spagna e il Giro d'Italia. Vinse la corsa a tappe spagnola (il suo successo di maggior prestigio assoluto) ed in Italia s'affermo nella tappa Cortina d'Ampezzo-Trento. Nel suo palmares, anche un altro successo nel Dauphine Liberé (1960).

Herman Ponsteen (Hol)
[Immagine: 14174523241453PONSTEENHerman.jpg]
Nati ad Hellendoorn il 27 marzo 1953. Pistard completo e finisseur su strada, alto 1,82 per 85/86 kg. Professionista dal dicembre 1977 al 1982 con una ventina di vittorie su pista e 2 su strada.
Uno degli ultimi pistard a tutto tondo della storia ciclistica. Le sue apparizioni su strada furono infatti sempre rarefatte per non dire rarissime e limitate alle kermesse o poco più. Purtroppo, la sua potenza e il suo scatto che gli hanno consentito di svolgere una consistente attività sui velodromi, si scontravano con una eccessiva ansia, che ne pregiudicava le prestazioni nei momenti decisivi. Uno, Ponsteen, capace di esprimersi nelle fasi preliminari ed intermedie con valori eccelsi e superiori alla concorrenza, poi, nei momenti decisivi delle grandi manifestazioni, trovava sempre qualcuno che si dimostrava più bravo di lui, perlomeno in quel decisivo segmento. Da dilettante fece parte del quartetto dell’inseguimento a squadre olandese alle Olimpiadi di Monaco ’72, ed a quelle di Montreal ’76, nell’inseguimento individuale, conquistò la Medaglia d’Argento, battuto dal tedesco Gregor Braun. Sempre fra i dilettanti, fu Campione d'Olanda nel tandem '73, nel chilometro '73, '74, '75, '76, nell'inseguimento '74, '75, '76, '77, nella corsa a punti '77, nell'omnium '77. In campo mondiale nel '73 a San Sebastian finì 2° nell'inseguimento, sconfitto da Knudsen, 3° nel chilometro e nell'inseguimento a squadre; Fra i professionisti fu Campione d’Olanda nei 50 chilometri nel ’78, nella corsa a punti e nello scratch nel 1980, nell’inseguimento nel 1982. Ai Mondiali di Monaco, nel 1978, stabilì un impressionante tempo di 5'46"72 sui 5 chilometri nelle qualificazioni dell’inseguimento, dove però fini 4°. Nella medesima specialità, ottenne il bronzo nel '79 (dietro Oosterbosch e Moser) e l'argento nell'80 dietro Bondue. Se vogliamo deluse in quelle Seigiorni che la sua completezza doveva esaltare: solo un terzo posto a Montreal nel 1980. Su strada vinse due tappe del Zes van Rijn en Gouwe, una nel 1978, ed una nel 1980, entrambe con azioni da finisseur. Chiuse la carriera nel 1982, non senza rimpianti, ed è paradossale che uno come lui, non abbia mai vinto un Mondiale su pista.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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